La guida su come investire in borsa: i nostri consigli
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La gestione consapevole degli investimenti in Borsa.
E’ possibile gestire in prima persona i propri investimenti finanziari? Sì, a patto di comportarsi come un investitore consapevole, in grado di prendere da sé le decisioni soppesando con attenzione pro e contro, fabbisogni e investimenti nonché le eventuali “dritte” e le proposte di chi offre consulenza finanziaria. Questa piccola guida è rivolta agli attuali o futuri investitori che desiderano dormire sonni tranquilli, sapendo che il proprio portafoglio di investimento è costruito in modo da fornire un profitto e di contrastare le “turbolenze” del mercato. Internet ha dato un grande aiuto all’investitore consapevole. Le attività finanziarie oggi possono essere comprate e vendute via web che, a sua volta, rappresenta anche una fonte inesauribile di informazioni e consente di avere a disposizione prodotti di investimento che nemmeno esistevano fino a qualche anno fa. Vi sono siti ben fatti, intuitivi e quindi di semplice utilizzo che confrontano costi e risultati dei diversi prodotti finanziari e delle offerte di diverse banche e società. Tra le prime regole auree che vanno ricordate dall’investitore sono di ridurre al minimo le commissioni richieste per l’attività di intermediazione e scegliere prodotti redditizi. Nell’economia di mercato, le attività redditizie sono quasi sempre di proprietà delle aziende: si tratta di investimenti che comportano rischi e che si trovano in un settore intrinsecamente incerto. Per questo, la seconda regola dell’investitore consapevole consiste nel diversificare il proprio portafoglio di titoli, in modo da “immunizzarlo”, contrastando le eventuali perdite connesse a investimenti rischiosi ma redditizi con introiti più contenuti ma certi (come, per esempio, quelli derivanti dei titoli di Stato). Infine, l’investimento consapevole prevede di agire anche da “contrarian“, ossia in contrasto con quello che viene ritenuto il senso comune. Molto spesso si leggono consigli su come si debba cogliere il “sentiment” del mercato, ma è sicuramente più utile, sicuro e proficuo formarsi un proprio convincimento sulla base di elementi da contare e valutare, senza farsi prendere dalla frenesia della compra/vendita compulsiva.
La pianificazione finanziaria: individuare le necessità per costruire le strategie d’investimento.
La pianificazione finanziaria è il processo che va dall’individuazione delle necessità di una famiglia alla realizzazione delle loro soluzioni, al fine di diventare finanziariamente indipendenti dal capitale di terzi. La pianificazione parte sempre dall’analisi di alcune informazioni sui componenti del nucleo familiare, quali:
– il capitale umano, inteso come attualizzazione dei redditi futuri da lavoro di ciascun individuo con conseguente strategia di asset allocation (un dipendente pubblico, per esempio, avendo entrate certe, presenti e future, può permettersi di dedicare più risorse finanziarie a investimenti rischiosi, mentre un imprenditore farebbe bene a tutelare il rischio d’impresa con dei bond);
– l’età;
– la propensione al rischio, ossia la definizione del livello di rischio che si vuole (o può) correre in termini di perdite potenziali;
– il patrimonio disponibile, misurato in termini di capacità di reddito in relazione alla propria situazione di spesa per consumi e di quantum patrimoniale;
– i flussi di entrate di uscite, presenti e futuri;
– il rendimento medio annuo atteso dagli investimenti che si intendono effettuare.
Oltre a questo tipo di informazioni, necessarie per elaborare un vero piano finanziario, prima di passare alla vera e propria allocazione delle risorse è necessario analizzare due indicatori statistici, fondamentali per la costruzione di un portafoglio redditizio e sicuro. La prima informazione statistica è il VaR (Value at Risk), vale a dire il valore soglia (in termini monetari) tale per cui la probabilità di perdita, misurata in un determinato arco temporale, superiore a questo valore è pari al livello di probabilità dato. La determinazione del VaR utilizza due parametri: l’orizzonte temporale (solitamente, è di un giorno); la percentuale di confidenza che si utilizza per effettuare la stima (di norma, si usano intervalli che vanno dal 96% al 99%). Per esempio, un VaR dell’1%, considerato in un giorno, con intervallo di confidenza del 95% significa che, a fine giornata, ci si aspetta, con una probabilità del 95%, che le perdite subite siano inferiori o uguali all’1%. Il livello di probabilità, o intervallo di confidenza, serve anche per definire la seconda variabile statistica necessaria per la gestione di un investimento finanziario, ossia il rendimento atteso.
Investire in Borsa: l’Asset Allocation.
E’ arrivato il momento di decidere come costruire il portafoglio di investimento, componendolo con le varie tipologie di prodotti offerti dai moderni mercati finanziari. L’universo “investibile” può essere diviso in diversi settori, ognuno con il proprio livello di rischio e di rendimento atteso: si va dall’asset class monetaria, a quella obbligazionaria, azionaria e alternativa. In sostanza, l’investitore ha a disposizione tre macro-tipologie di strumenti finanziari:
– investimenti diretti: azioni, obbligazioni, certificati;
– Oicr (Organismi d’Investimento Collettivo del Risparmio) a gestione attiva: fondi comuni e Sicav;
– Oicr a gestione passiva: Etf (Exchange Traded Fund).
Questi ultimi sono prodotti finanziari armonizzati che si pongono a metà strada tra i fondi comuni d’investimento e i titoli tradizionali (azionari o obbligazionari) poiché ne riproducono, contemporaneamente, le peculiarità. Gli Etf consentono di investire in un paniere di strumenti finanziari negoziati sui mercati regolamentati e di acquistare o vendere con estrema rapidità e semplicità un intero portafoglio di azioni o obbligazioni, ponendo in essere un’unica operazione. I vantaggi degli Etf consistono nella:
– possibilità di investire modiche somme;
– diversificazione gli investimenti;
– valorizzazione in tempo reale del proprio pacchetto di titoli, posto che sono negoziati in Borsa;
– idoneità a far risparmiare sulle commissioni di entrata e di uscita, pagando solo quelle di gestione;
– facilità di liquidazione dell’investimento.
Le quote di Oicr a gestione attiva hanno uno scarso appeal, giustificato dal fatto che vi è un’enorme dispersione dei prodotti e un’elevata percentuale di spese e commissioni che incide notevolmente sull’utile conseguito.
Diversificazione e correlazione.
Diversificare il proprio portafoglio significa suddividerlo in un numero sufficiente di titoli in modo che la sua performance complessiva non venga eccessivamente influenzata dalle singole idee di investimento. Si diversifica stabilendo un numero minimo di investimenti e una percentuale massima di peso di ognuno degli stessi. In tal modo, si ottiene una distribuzione del rischio (volatilità) del portafoglio sulle sue diverse componenti al fine di scongiurare l’ipotesi di perdite irreparabili. Un’asset allocation azionaria ben diversificata prevede che si investa in azioni di settori merceologici differenti, considerando sempre anche la propria propensione al rischio: l’allocazione di liquidità su titoli di società value, ossia con buona redditività corrente, bilancia un investimento più rischioso in società growth, vale a dire con elevate aspettative di crescita ma anche con maggiore volatilità. In genere, anche in tema di diversificazione vi sono delle regole auree che ogni investitore dovrebbe tenere presente:
– non si deve mai investire più del 10% del proprio portafoglio in un singolo titolo e questa percentuale scende al 5% se tale titolo ha un rischio elevato;
– il paniere d’investimento dovrebbe sempre comprendere 10/15 titoli obbligazionari a rischio basso, 5/10 titoli obbligazionari a rischio medio-alto e 15/30 azioni.
La correlazione è la relazione tra il prezzo di due strumenti finanziari: in pratica, si tratta di un indice che informa circa il comportamento di un titolo in funzione a quello di un altro strumento finanziario “pilota”. Per esempio, si possono correlare gli andamenti dei BTp al 4,75% con il titolo azionario di una banca. I siti di trading online forniscono degli specchietti, con la formula di correlazione preimpostata, che vanno completati con l’indicazione dei titoli di riferimento. Anche in questo caso, vi elenchiamo dei consigli per utilizzare al meglio questo indice:
– usare intervalli di correlazione lunghi, di almeno sei mesi;
– è più affidabile la correlazione tra due asset class, ad esempio tra l’EuroStoxx50 e l’IT30 Titans, o lo S&P500 o, ancora, con la quotazione del dollaro USA o l’indice del mercato obbligazionario tedesco Bund a 10 anni;
– va ricordato che quanto più l’indice di correlazione è vicino al valore 1 tanto più le due asset class di riferimento si muovono assieme, per cui la loro combinazione è poco efficiente per la diversificazione del portafoglio;
– la soglia di riferimento del -1, come valore di correlazione, indica un andamento quasi opposto dei titoli di riferimento, cosa che ne bilancia i rendimenti e rende ottimale la diversificazione.
Tassi d’interesse, azioni e obbligazioni.
Per un efficiente investimento in strumenti strettamente correlati all’andamento degli indici di mercato, va tenuto presente che i tassi a breve termine (tasso di sconto della Bce ed Euribor) sono governati dalle banche centrali, mentre i tassi a lungo termine (fra tutti, l’Irs) sono il risultato delle aspettative del mercato e degli interventi delle autorità di vigilanza a livello di politiche monetarie. L’obiettivo primario della Bce è il contenimento dell’inflazione e, a tal fine, agisce sui tassi a breve termine a mo’ di freno: quando l’economia è a rischio di “surriscaldamento” (e, quindi, di produrre inflazione), la Bce alza i tassi di rifinanziamento. I mercati interbancari reagiscono con un rialzo dell’Euribor a tre mesi e, di conseguenza, frenano l’accesso al credito, inducendo così la recessione. Le componenti che influenzano i tassi di interesse a lungo termine sono, oltre all’inflazione: il costo delle materie prime, del lavoro e le aspettative di mercato.
Passando, infine, alla quantificazione della redditività di azioni e obbligazioni, si possono adottare diversi modelli. Noi ne analizziamo uno, quello della Federal Reserve. Il rendimento delle azioni si misura come inverso del rapporto tra prezzo del titolo e utili dell’emittente (e/p). L’indice ottenuto quantifica il rendimento effettivo atteso del prezzo/valore, in base alla sua correlazione con gli utili di bilancio: se il prezzo sale in diretta proporzione con gli utili, gli “sbalzi” (positivi o negativi) non sono molto probabili nel breve termine, quindi potrebbe non essere conveniente né comprare né vendere.
Nell’analizzare l’andamento dei rendimento tramite modello FED, l’investitore deve ricordare che:
– l’utile delle azioni dipende dalla capacità dell’emittente di produrre reddito, mentre il prezzo dei titoli è dato dagli scambi di mercato;
– per le obbligazioni, invece, il valore della cedola periodica (quindi, del rendimento del titolo) dipende dalla politica monetaria di una Nazione, mentre il loro prezzo rappresenta la valutazione che il mercato dà alla politica di bilancio di quel Paese. Per ultimo, sfatiamo il moto propagandistico che sostiene come nel lungo termine l’azione tenda a valere più dell’obbligazione. Se esistesse un’azione che rende stabilmente più di un’altra, il suo prezzo salirebbe in modo spropositato (tutti la vorrebbero) e, quindi, il suo rendimento atteso (indice e/p) si avvicinerebbe a quello delle obbligazioni.